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MANICHINO A GRANDEZZA NATURALE. LEGNO DI NOCE SCOLPITO E INTAGLIATO. ITALIA, PRIMA METÀ DEL SECOLO XX, PROBABILMENTE 1920
Manichino da atelier a grandezza naturale legno di noce scolpito e intagliato

VENDUTO

Manichino da atelier a grandezza naturale
legno di noce scolpito e intagliato
Italia, probabilmente tra il 1920 e il 1930

Misure:

Altezza: cm 174
Larghezza: cm 42 (spalle)
Profondità: cm 33,5

Stato di conservazione:

quasi perfetto, ad eccezione di una fessura verticale sul volto.

Il manichino è scolpito in maniera molto realistica, con parte della muscolatura del torso ben modellata; i piedi sono resi in maniera particolarmente accurata. Il viso è espressivo e atteggiato in un sorriso appena abbozzato; i capelli sono pettinati con la scriminatura a destra. Lo scultore si è concentrato particolarmente anche sulle mani, che hanno tutte le dita snodabili e rifinite fino nel dettaglio delle unghie.
E’ importante rilevare come l’autore abbia scelto di scolpire un legno di pregio, com’è quello di noce, e non uno “povero” (ad esempio di abete, di pino o di pioppo), di cui è fatta la gran parte dei manichini di legno; molto probabilmente il committente aveva intenzione di ritrarlo come protagonista “nudo”, senza celarlo sotto vestiti o drappeggi.
Il verbo «mannequiner» (dal quale deriva il termine italiano manichino) appare per la prima volta nella Francia del diciottesimo secolo e viene usato per descrivere l’atto di drappeggiare abilmente il tessuto su un manichino con un effetto naturale (MUNRO, J., Silent Partners: Artist and Mannequin from Function to Fetish, Fitzwilliam Museum, Cambridge, 14 ottobre 2014 – 25 gennaio 2015, catalogo della mostra, p. 28).

“La figura umana articolata fatta di cera o legno è stata uno strumento comune della pratica artistica europea fin dal XVI secolo. Le sue membra infaticabili e la sua silenziosità hanno permesso all’artista di studiare le proporzioni anatomiche, fissare una posa secondo il proprio gusto e perfezionare la rappresentazione di drappeggi e vestiti. Nel corso del XIX secolo, tuttavia, il manichino (o “lay figure” in inglese) gradualmente emerse dall’atelier per diventare un soggetto a sé stante, prima con umorismo, poi in modi più inquietanti, giocando sulla snervante presenza psicologica di una figura realistica ma irreale, veritiera ma senza vita.
Nonostante la pletora di effigi e avatar umani, sia virtuali, sia reali, che abitano la nostra esistenza del XXI secolo, il manichino continua ad affascinare e a disturbare, una nave vuota per le nostre paure e fantasie … ” (MUNRO, J., op. cit., introduzione).
“… Come strumento nell’arsenale dell’artista, tuttavia, i manichini erano nascosti alla vista e raramente, se non mai, inclusi nelle rappresentazioni dello studio dell’artista – la loro presenza accennava al faticoso atto della pittura e diminuiva la percezione dell’artista come genio ispirato … ” (MUNRO, J., op. cit., p. 2). 

Bibliografia:

MUNRO, J., Silent Partners: Artist and Mannequin from Function to Fetish, Fitzwilliam Museum, Cambridge, 14 octobre 2014 – 25 janvier 2015, catalogue d’exposition.

               

Cover Photo: Fabrizio Stipari