Tondino di maiolica
Ducato di Urbino
Casteldurante o Pesaro
1533-1555
Misure:
Diametro cm 19
Diametro piede cm 7
Altezza cm 2,6
Peso: g 307
Stato di conservazione:
sbeccature d’uso al bordo e una fêlure passante
Il piccolo piattello o tondino ha un cavetto profondo, tesa obliqua, orlo arrotondato e piede ad anello appena rilevato.
Il decoro mostra, attorno all’orlo, una ghirlanda di piccole foglie lanceolate delineate in bruno, mentre la tesa è riccamente decorata con la tecnica del bianco sopra bianco che prevede una fitta decorazione a girali fogliati, delineata in bianco di stagno direttamente sullo smalto. All’interno del cavetto, in un paesaggio collinare con il cielo al tramonto, spicca uno scudo incorniciato con emblema nobiliare bipartito della famiglia Mazza di Pesaro, sormontato dalla lettera “M” e affiancato dalle iniziali “G” e “P”.
La tecnica qui utilizzata nella decorazione della tesa è ampiamente descritta da Cipriano Piccolpasso nel suo testo, del 1557 circa, Li tre libri dell’arte del vasaio e riferito specificatamente a una tradizione urbinate: nel capitolo dei Sopra bianchi l’autore dice “questo è uso urbinate”.
Opere databili tra il 1530 e il 1555 con questo ornato sono state effettivamente reperite nel Ducato di Urbino: numerosi i frammenti del Palazzo Ducale di Urbania (Castel Durante), mentre i recenti ritrovamenti a Pesaro, unitamente a quelli nello stesso Palazzo Ducale di Urbino, spiegano la difficoltà di una attribuzione di bottega più precisa.
Lo stesso Piccolpasso sottolinea lievi differenze tra le opere di Casteldurante e quelle di Urbino, mentre gli studi più recenti tendono a proporre una paternità pesarese per questo servizio, comunque prodotto per l’importante famiglia della città costiera. Attorno al 1534 è attestato il trasferimento a Pesaro di Giovanni e del fratello Bartolommeo, figli di Antonio Mazza mercante di spezie di Rimini. Si ricorda poi un Gasparre Mazza rappresentante di una seconda generazione del casato. È probabile dunque che il servizio fosse stato prodotto per la casa di Giovanni o Gasparre (“G”) Mazza (“M”) per il matrimonio con una ipotetica “P”, della quale, per ora, non è nota l’identità.
Altri piccoli piatti del servizio, di differenti misure, sono conservati in collezioni pubbliche e private: si veda ad esempio l’esemplare, privo di iniziali, del Victoria and Albert Museum (C 2262-1910) e quello, sempre senza iniziali, al MET di New York. Un altro ancora è attestato nella collezione Dreyfuss nel 1967, mentre un piattello identico è stato recentemente pubblicato ed è conservato in una collezione privata di Genova.
Sono noti alcuni altri piattelli del servizio, inediti, in collezione privata a testimonianza dell’importanza della credenza Mazza.
Bibliografia:
T. Wilson, The Golden Age of Italian Maiolica Painting, Torino, 2019, pp. 366-368 n. 163 e bibliografia relativa.
Piccolpasso C., I tre libri dell’arte del vasaio, a cura di Giovanni Cecchini, Roma 1963;
R. Gresta, Un piatto con lo stemma Mazza e qualche nota sui soprabianchi, Faenza: bollettino del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza: CIII, 1, 2017 p. 46-55;
R. Gresta, P. Bonali, La maiolica pesarese nella seconda metà del Cinquecento, in “Pesaro nell’età dei Della Rovere, vol. III.2 di Historica Pisaurensia”, Collana di studi diretta da Scevola Mariotti, Venezia. pp. 354-355
C. Ravanelli Guidotti, Thesaurus di opere della tradizione di Faenza, Faenza 1998, p. 254.
Cover Photo: Fabrizio Stipari