
Una caffettiera e due tazzine con piattino
Manifattura di Antonio Ferretti
Lodi, circa 1765-1770
Maiolica decorata a piccolo fuoco
Misure:
caffettiera:
alt. 24,5 cmx 17×14; g 528
le tazzine:
a) Altezza cm 7; diametro piattino cm 11; g 162;
b) Altezza cm 7; diametro piattino cm 11; g 169.
Stato di conservazione:
le tazzine sono intatte. La caffettiera è intatta fatta eccezione per una marcata sbeccatura al piede nella parte posteriore e due sbeccature all’orlo del coperchio che ha la presa incollata senza integrazione pittorica. Lievi sbeccature d’uso al cerchio di fermo interno del coperchio.
La caffettiera, dal corpo piriforme costolato, allargato e panciuto, poggia su un piede piano leggermente estroflesso e ha il versatore a becco piuttosto pronunciato. L’ansa è a forma di doppia C contrapposta e sagomata. La caffettiera è dotata di coperchio rilevato e cuspidato sormontato da un pomolo alto e appena ritorto.
Il decoro a policromia realizzata a piccolo fuoco mostra, sul fronte sotto il beccuccio, un mazzolino di fiori composito con piccole rosette e fioretti primaverili da cui si dipartono alcuni sottili steli che sorreggono boccioli minuti. Alcuni fioretti sparsi e mazzolini secondari sparsi lungo il corpo e sul coperchio completano la decorazione. L’ansa è listata di porpora, mentre l’orlo, il pomolo del coperchio e il beccuccio sono sottolineati da un tocco di oro. Sotto il piede è presente una pennellata verde scuro – “chiodo” – a indicare il decoro da realizzare in lavorazione.
La caffettiera è un esempio piuttosto raro e tipico della produzione alta a piccolo fuoco, di cui sono pochi i confronti noti (M. L. Gelmini, in Maioliche lodigiane del ‘700, cat. mostra Lodi, Milano 1995 p. 147 n. 56 prive di coperchio; la forma è perfettamente paragonabile all’esemplare decorato in monocromia verde a p. 187 n. 226).
Le tazzine hanno corpo circolare leggermente costolato e piede a disco appena rilevato, con un manico tubolare intrecciato a guisa di rametto. Il piattino è circolare, con orlo liscio e piede a disco con tesa verticale. L’orlo di entrambe le tazze e i piatti è sottolineato di oro. Il decoro detto “a fiori fini“, vede sul fronte della tazza a) un mazzetto con la rosa e fiori vari oltre ad alcuni tralci fioriti ripetuto, in una versione più contenuta e decentrata, anche sul piattino. Nella seconda tazza b) il decoro si distingue per la presenza di un fiore multi-petalo, probabilmente un tagete o un fiore marzolino, e piccoli fioretti.
Questo decoro con fiori piccoli, dipinti con grande perizia nella manifattura dei Ferretti, costituisce, con i rari esemplari di confronto (M. L. Gelmini, Maioliche lodigiane del ‘700, Milano 1995, p. 146 nn. 154-155), un esempio pregnante dell’alto livello produttivo raggiunto, per certi versi paragonabile ai modelli tedeschi in porcellana.
La scelta decorativa del decoro floreale rappresentò un punto di forza della fabbrica lodigiana che si affermò grazie alla vivacità dei colori resa possibile dall’introduzione della nuova tecnica perfezionata da Paul Hannong a Strasburgo e che Antonio Ferretti aveva introdotto in Italia. Questo processo produttivo, denominato cottura a “piccolo fuoco”, consente di utilizzare un maggior numero di colori rispetto al passato; in particolare fu introdotta la porpora di Cassio, un colore rosso a base di cloruro d’oro, che consentì di ottenere molte più tonalità e sfumature, dal rosa al porpora.
Proprio la già citata introduzione nel 1760 dell’innovativa lavorazione “a piccolo fuoco”, ampliando il repertorio ornamentale con temi floreali d’ispirazione sassone, poté competere commercialmente con le porcellane tedesche, che avevano nel Deutsche Blumen naturalistico una delle sue proposte più rinomate. Antonio Ferretti comprese e promosse questa tecnica e questo decoro che fu probabilmente recepita, dato il successo, anche dalle altre fabbriche presenti in Lombardia con proposte formali e decorative appena differenti.
Cover Photo: Fabrizio Stipari
Bibliografia:
- C. Baroni, Storia delle ceramiche nel Lodigiano, in Archivio storico per la città e i comuni del circondario e della diocesi di Lodi, XXXIV (1915), pp. 118, 124, 142; XXXV (1916), pp. 5-8;
- C. Baroni, La maiolica antica di Lodi, in Archivio storico lombardo, LVIII (1931), pp. 453-455;
- L. Ciboldi, La maiolica lodigiana, in Archivio storico lodigiano, LXXX (1953), pp. 25 sgg.;
- S. Levy, Maioliche settecentesche lombarde e venete, Milano 1962, pp. 17 sgg.; per l’esemplare qui presentato idem, tav XXIX;
- A. Novasconi – S. Ferrari – S. Corvi, La ceramica lodigiana, Lodi 1964, ad Indicem; Maioliche di Lodi, Milano e Pavia (cat.), Milano 1964, p. 229;
- O. Ferrari – G. Scavizzi, Maioliche italiane del Seicento e del Settecento, Milano 1965, pp. 26 sgg.;
- G. C. Sciolla, Lodi. Museo civico, Bologna 1977, pp. 69-85 passim; G. Lise, La ceramica a Lodi, Lodi 1981;
- M. Vitali, in Storia dell’arte ceramica, Bologna 1986, p. 251;
- M. A. Zilocchi, in Settecento lombardo, Milano 1991, pp. 492-496;
- M. L. Gelmini, in Maioliche lodigiane del ‘700 (cat. mostra Lodi), Milano 1995;
- R. Ausenda (a cura di), Musei e Gallerie di Milano. Museo d’Arti Applicate. Le ceramiche. Tomo secondo, Milano 2000, pp. 213-220;
- Felice Ferrari, La ceramica di Lodi, Lodi 2003.

