MAIOLICHE E PORCELLANE
Assortimento da caffè con decoro alla barbotine
Manifattura di Pasquale Rubati o di Felice Clerici
Milano, 1770 – 1780
Maiolica decorata a policromia a piccolo fuoco
Caffettiera: cm19 x 15 x 15,5; peso g 574
Zuccheriera: cm 9,5 x 12,5 x 9,5; peso g 223
Tazza con piattino: la tazza cm 4,5 x 8 e il piattino diametro cm 12,5; peso tot. g 186
La caffettiera reca sotto la base l’etichetta della celebre mostra del Museo del Poldi Pezzoli del 1964.
Stato di conservazione:
a caffettiera ha un restauro integrativo della presa del coperchio e una sbeccatura ricoperta sull’orlo dello stesso; il corpo è interessato da una felatura che scende dall’imboccatura lungo il corpo e circonda la pancia del contenitore. La zuccheriera presenta due sbeccature restaurate sull’orlo del coperchio e due sbeccature minori visibili all’orlo del contenitore. La tazzina e il piattino sono intatti.
Stato di conservazione: la caffettiera ha un restauro integrativo della presa del coperchio e una sbeccatura ricoperta sull’orlo dello stesso; il corpo è interessato da una felatura che scende dall’imboccatura lungo il corpo e circonda la pancia del contenitore. La zuccheriera presenta due sbeccature restaurate sull’orlo del coperchio e due sbeccature minori visibili all’orlo del contenitore. La tazzina e il piattino sono intatti.
Le fabbriche di maiolica e porcellana nel Settecento appartenevano principalmente alle grandi casate reali o comunque a quelle nobiliari che facevano della fabbricazione di opere ceramiche un motivo di prestigio. A Milano, sotto Maria Teresa d’Austria, assistiamo invece a una vera e propria apertura ai nuovi industriali che, in virtù delle privative concesse dal governo, assumevano un vero e proprio rischio d’impresa, dando vita, non senza conflitti tra loro, a fabbriche fiorenti e a produzioni tra le più eleganti e richieste del momento, ancor oggi oggetto di collezionismo.
A Milano nel XVIII secolo sono attive due manifatture di maiolica: la prima, di Felice Clerici, dal 1745; quella di Pasquale Rubati dal 1756, in concorrenza con Felice, di cui era stato lavorante. Alla sua morte, nel 1796, l’impresa è portata avanti ancora per qualche anno dal figlio Carlo.
La serie di oggetti è decorata con fiori a rilievo, un soggetto denominato negli inventari “alla barbottina”, a indicare la tecnica utilizzata per realizzarlo. Il motivo decorativo prevede alcuni fiori polipetali a rilievo, in parte collegati da rametti in manganese con sottili foglioline blu cobalto e verde ramina e piccoli insetti sparsi sul resto della superficie.
L’ornato trae origine dai decori cinesi blanc de Chine a rilievo o comunque da motivi provenienti da Canton e divenne uno tra i più ricercati decori della Milano di fine Settecento.
Lo smalto è sottile e azzurrato, la policromia è piena e mostra un sapiente uso dei vari toni del verde e la presenza del rosso “ferraccia”; le corolle dei fiori sono ottenute applicando sottili sferette di argilla molto diluita, la barbottina appunto, poi sagomate e lasciate asciugare.
La caffettiera, dal corpo piriforme allargato, panciuto e costolato, ha il versatore a becco di grifo e ansa sagomata, decorata in rosso ferro; il coperchio è appena rilevato e sormontato da un pomolo a bottone (di restauro).
La zuccheriera ovale, dal profilo baccellato e rigonfio, ha un coperchio coerente sormontato da una presa a forma di pera.
Completa l’assortimento, una ciotola di gusto orientale, priva di ansa ma corredata da piattino rotondo con alta tesa e piede ad anello.
Si tratta di alcune tra le forme più tipiche della produzione della manifattura Clerici di Milano, anche se, almeno nel periodo iniziale, furono tutte adottate anche dalla manifattura concorrente di Pasquale Rubati. Quest’ultimo si vantava di aver utilizzato proprio questo decoro: “non trovasi in nessun’altra fabbrica”, come confermano alcuni pezzi noti che recano la sua firma (G. Gregorietti, Maioliche di Lodi, Milano e Pavia, catalogo della mostra, Museo Poldi Pezzoli, Milano 1964, n. 386), mentre quelli conosciuti con la marca Clerici sono pochi e probabilmente di rimpiazzo (G. Gregorietti, Maioliche di Lodi, Milano e Pavia, catalogo della mostra, Museo Poldi Pezzoli, Milano 1964 n. 388).
Si conoscono vari esemplari di confronto in collezioni pubbliche e private. Di particolare interesse il raffronto con il cospicuo nucleo di opere “alla barbottina” conservate nel Museo di Arte Applicate del Castello Sforzesco di Milano (R. Ausenda, a cura di, Musei e Gallerie di Milano. Museo d’Arti Applicate. Le ceramiche, Tomo secondo, Milano 2001 pp. 372-384, nn. 360-362).
Fotografia: Fabrizio Stipari
Bibliografia:
R. Ausenda, a cura di, Musei e Gallerie di Milano. Museo d’Arti Applicate. Le ceramiche, Tomo secondo, Milano 2001, pp. 372-384, nn. 360-362.